Grazie a Dio sono un cicloviaggiatore

Grazie a Dio sono un cicloviaggiatore
la polvere sui pedali e i graffi sui borsoni sono le firme del tempo sulla mia anima










Estate 1982 ad Isola delle Femmine a pochi chilometri da Palermo: caldo torrido e mare liscio come l’olio.
Poco prima di pranzo si faceva la passeggiata per andare a comprare il pane. Spesso, all’ingresso del campeggio, capitava di vedere delle persone con le biciclette: alcuni più giovani con le bici da corsa Bianchi o di marche “americane”, altri più anziani con le bici da corsa Cannatella o Ferrara ed il cappellino con la visiera alzata (di caschetti non se ne vedevano in giro), altri con il cestino della spesa e gli occhiali da sole. Fin qui niente di strano, erano tutti catalogabili sotto l’etichetta “ciclisti”.
Alcune volte però succedeva qualcosa di straordinario e tutti i ragazzini del campeggio facevano il passaparola “i tedeschi, i tedeschi!” correndo verso l’ingresso e radunandosi in nugoli dietro gli alberi. Immenso era lo stupore nel vedere quelle biciclette trasformate in strumenti da viaggio con borsoni e borracce ovunque. Il tessuto color militare delle borse, le borracce di metallo ammaccate sui lati, i sandali, gli hotpants delle ragazze, la polvere sui pedali: erano i cicloturisti dell’Europa continentale e ci facevano sognare posti lontani ed avventure inenarrabili.
- il cicloturista ha un programma preciso, il cicloviaggiatore va dove lo portano i pedali;
- il cicloturista parte con un bagaglio leggero, il cicloviaggiatore non può perché non sa cosa lo aspetta;
- il cicloturista scatta un milione di foto al giorno, il cicloviaggiatore deve risparmiare memoria e batteria;
- il cicloturista la sera va al bar del campeggio, il cicloviaggiatore dorme;
- il cicloturista porta con sé il kit di riparazione e la bomboletta “gonfia e ripara”, il cicloviaggiatore ha un’officina nel borsone che neanche la McLaren;
- il cicloturista si “gode la pioggia”, il cicloviaggiatore aspetta sotto la tettoia che smetta;
- il cicloturista ti racconta di posti fichissimi, il cicloviaggiatore non racconta perché gli viene il nodo alla gola;
- il cicloturista pedala ad Amsterdam e ti dice che è stato in Olanda, il cicloviaggiatore si commuove ripensando ai milioni di gabbiani che a Zandvoort giocavano con il vento al tramonto;
- il cicloturista esplora la gastronomia locale degustando i vini, il cicloviaggiatore guarda i prezzi sullo scaffale.
La lista potrebbe continuare all’infinito ma diventerebbe noiosa.
Dal 1 luglio 2016 sono in giro per l’Europa e le mie ruote hanno calpestato il suolo di 13 nazioni: Ungheria, Slovacchia, Austria, Svizzera, Germania, Lussemburgo, Francia, Olanda, Belgio, Spagna, Portogallo, Regno Unito, Marocco. 7500 km in cui ho attraversato le foreste vergini in Austria, ho fatto il bagno in laghi verdi come lo smeraldo in Ungheria, ho attraversato campi di grano grandi come città nella Baviera, ho giocato con i gabbiani nel mare del Nord, ho visto migliaia di croci tutte uguali in Francia del Nord, ho assistito all’eterna lotta fra uomo e mare in Olanda attraversando dighe ciclopiche, ho pedalato su strade che la sera non c’erano più perché coperte dalla marea, ho percorso il Cammino di Santiago fino alla fine della terra, ho nuotato nell’Oceano, mi sono perso fra i vicoli di Lisbona, ho pedalato fra i macachi di Gibilterra, ho pedalato sulle Colonne d’Ercole e nelle Medine in Marocco.
Ho già pedalato tanto ma tanto ancora rimane da pedalare e la sera, quando finalmente mi sistemo dentro la tenda, chiudo gli occhi e pensando ai pedali impolverati della mia bicicletta sussurro “grazie a Dio sono un cicloviaggiatore”.
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